Quella del pane è una storia secolare, ricca di sapienza, di poesia, d’arte e di fede, una storia che abbraccia l’intera evoluzione del genere umano.
Il pane lo si ritrova, in migliaia di varietà date dalla molteplicità dei diversi popoli che abitano la terra, ognuno con il proprio credo, la propria usanza e tradizione. Da sempre è cultura, e spesso, è stato anche al centro di grandi discussioni e controversie: lievitato oppure azzimo, da usare per la comunione durante il rito eucaristico, ecc.. Da queste diatribe veniva anche stabilita la forma che avrebbe dovuto possedere per essere il valido medium tra l’uomo e Dio, dunque, la sagoma, lo spessore, la dimensione del pane hanno sempre posseduto valenze simboliche. La forma è il mezzo attraverso il quale l’uomo dialoga con il sacro, la forma non nutre ma veicola informazioni e non solo calorie.
Nella confezione e nella modellazione dei pani rituali si riassumono, solitamente, i significati simbolici e rituali di una determinata ricorrenza o festa se preferite.
Ogni ricorrenza ha i suoi cibi rituali, ma il pane lo ritroviamo quasi sempre protagonista di altari (pensate all’Eucarestia), di doni e di voti, questo pane è ovviamente diverso da quello quotidiano soprattutto per la forma che deve riassumere in se i suddetti significati simbolici e rituali.
Quel che si aggiunge è il valore di “segno”, per cui il pane che di norma deve essere soltanto “buono da mangiare” diventa anche “buono per comunicare”, e cioè capace di veicolare immagini o più esattamente significati che sono diversi dal semplice ed elementare significato di essere se stesso, e cioè semplicemente cibo.
Nelle varie tipologie e forme del pane si veicolano dunque messaggi e significati culturali. Le forme possono essere svariate: geometriche, vegetali, floreali, antropomorfiche, simbologie astrali, iconografie greche-romane, giudaiche-cristiane, ecc.. Tutte sono, più o meno, il retaggio delle antiche offerte dedicate alle divinità.
Gli antichi culti propiziatori alle dee del grano e del raccolto, assorbiti in seguito dalla religione cristiana, hanno trasformato le ricorrenze pagane in una singolare miscellanea di ritualità simbolico-magica.
Pupazza Frascatana
Pizzinna Sarda
Tracce di questi antichi culti propiziatori si trovano ovunque nel mondo come ci ricorda Frazer ne “Il Ramo d’oro”: “nel Wermland, in Svezia, la contadina col grano dell’ultimo covone impasta un pane in forma di bambina che viene mangiato da tutti i membri della famiglia e rappresenta lo spirito del grano in forma di fanciulla mentre a La Palisse, in Francia, si appende un uomo di pasta su di un abete piantato sopra l’ultimo carro di grano che viene dai campi. L’albero e il suo fantoccio sono portati alla casa del sindaco, e vi rimangono fino alla fine della vendemmia, quando si celebra un banchetto nel quale il sindaco distribuisce ai convitati i frammenti del fantoccio per essere mangiati. Da questi esempi risulta che lo spirito del grano viene evocato e mangiato in forma umana. Altrove il grano nuovo non serve a foggiare pani di forma umana, ma la solennità con cui lo mangiano basta a dimostrare che viene consumato sacramentalmente, cioè come corpo dello spirito del grano”
L’uso di consumare pani devozionali antropomorfi (cioè con forma umana) è presente in tutte le popolazioni europee ed extraeuropee, durante tutto l’arco della storia. Questi pani, ancora oggi, si preparano e si consumano in molte regioni italiane, prevalentemente nel centro-meridione. Tra le più famose abbiamo nel Lazio la famosissima Pupazza frascatana, in Sardegna La Franca, La Pompia e Sa guada, in Basilicata i pupi di Pisticci e in Calabria i Mostaccioli. In molte regioni italiane per Pasqua si preparano delle grosse trecce di pane a forma di ciambella, al cui interno viene sistemato un uovo sodo colorato in segno di fertilità.
I canadesi benedicono sempre il pane prima di infornarlo; mentre gli ebrei gettano una pallina di pasta di pane nel forno, prima di cuocerlo, per offrire il primo pezzo a Dio. In Russia si fanno gli auguri con il pane perché chi mangia pane da qualcuno è in debito con lui e non lo deve tradire mai; mentre in Polonia, la sposa, finita la messa, dona agli invitati delle bambole di pane con all’interno una moneta come augurio.
Spesso il pane riproduce la croce, simbolo dei cristiani, incisa sulle pagnotte da secoli. Il taglio sulla pelle del pane, prima della cottura, permette uno sviluppo maggiore della massa con la forza della lievitazione e una cottura migliore poiché permette al calore di giungere al cuore della pagnotta. Le incisioni sono un’usanza molto antica del procedimento di fabbricazione del pane: i greci segnavano il pane con incisioni diverse, invocando l’aiuto della loro dea Demetra sono stati i primi maestri a perfezionare il pane, che producevano in 70 specie, di notte dando al popolo un pane fresco tutte le mattine. Questa tradizione di incidere in modo personalizzato con dei ferri era in uso anche in epoca romana, quindi dai pani fatti a Roma, si poteva risalire al fornaio artigiano attraverso il simbolo riportato sul pane.
Il segno della croce sul pane si diffonde sempre più dopo la caduta dell’Impero Romano quando i riti pagani vengono inglobati, trasformati in culti cristiani. Numerosi cristiani come rito di buon auspicio per una buona lievitazione e cottura, ma anche come benedizione di Dio, dopo aver formato le pagnotte di pane, andavano a incidere sul pane la croce con una lama ben affilata prima di cuocerlo nei forni comunali. Un rito che ancora oggi molti fornai cristiani usano fare, la croce sul pane è considerata un buon augurio per il pane, per chi lo riceve e per chi lo incide.
Il pane, secondo la legge ebraica, non doveva essere mai tagliato, ma spezzato. Il taglio richiama, infatti, un’idea di violenza che non poteva essere ammessa per un alimento dal così ricco significato. Da sempre la tavola è luogo di festa e di incontro, la cucina un mondo in cui si intrecciano natura e cultura. Pane dunque non solo come nutrimento, ma anche alimento di cui “aver cura”.
La preparazione e il consumo di questi pani sono atti di devozione e il loro consumo era ritenuto augurale, in quanto si credeva che proteggessero tutta la famiglia (a volte bestiame compreso) dalla malasorte e dalle malattie. In commercio i tipi di pane sono davvero molteplici ed infiniti, diversi per regione o stato, tutti nati dalla fantasia umana mescolando solo farina, acqua, lievito e talvolta qualche ingrediente aggiuntivo. Il mio non è sicuramente un elenco esaustivo delle usanze legate al pane ma vuole solo sottolineare la diffusione di questa tradizione. Il filo conduttore che lega tutti questi pani e ne spiega la presenza durante le feste (siano queste comuni o private), è l’elemento sacrale e teofagico, si mangia un cibo considerato divino, entrando in comunione con quest’ultimo, assicurandosene così la benevolenza e la protezione.
Sono antichi echi di pratiche magico-religiose, di comportamenti rituali e forme di integrazione sociale che vedono nei modi di preparare, modellare, servire e consumare una connessione con una ritualità che dava senso al presente… Teniamolo a mente la prossima volta che ci troviamo di fronte la faccia zuccherina di una bambola da mangiare.
Gadmin
Grazie, salvo!
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Salvo?
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Ah forse ho capito!! Salvi come preferito…forse…se è così grazie tante per l’apprezzamento!!!
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Hai capito giusto 🙂
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